16 novembre – giovedì
Tempo Ordinario – 32a Settimana
Prima lettura (Sap 7,22-8,1)
Nella sapienza c’è uno spirito intelligente, santo, unico, molteplice, sottile, agile, penetrante, senza macchia, schietto, inoffensivo, amante del bene, pronto, libero, benefico, amico dell’uomo, stabile, sicuro, tranquillo, che può tutto e tutto controlla, che penetra attraverso tutti gli spiriti intelligenti, puri, anche i più sottili. La sapienza è più veloce di qualsiasi movimento, per la sua purezza si diffonde e penetra in ogni cosa. È effluvio della potenza di Dio, emanazione genuina della gloria dell’Onnipotente; per questo nulla di contaminato penetra in essa. È riflesso della luce perenne, uno specchio senza macchia dell’attività di Dio e immagine della sua bontà. Sebbene unica, può tutto; pur rimanendo se stessa, tutto rinnova e attraverso i secoli, passando nelle anime sante, prepara amici di Dio e profeti. Dio infatti non ama se non chi vive con la sapienza. Ella in realtà è più radiosa del sole e supera ogni costellazione, paragonata alla luce risulta più luminosa; a questa, infatti, succede la notte, ma la malvagità non prevale sulla sapienza. La sapienza si estende vigorosa da un’estremità all’altra e governa a meraviglia l’universo.
La sapienza
è più veloce di tutti i moti
San Tommaso
(S. Th. I, q. 9, a. 1, soluzione 2)
2. La sapienza è detta mobile metaforicamente, in quanto diffonde la sua somiglianza anche nelle minime cose. Nulla infatti può esservi che non proceda dalla divina sapienza per via di imitazione come dalla causa efficiente e formale, come i prodotti artificiali procedono dalla perizia dell’artefice. Così dunque, in quanto la somiglianza della divina sapienza si estende gradatamente dalle creature superiori, che ne partecipano maggiormente, sino alle infime, che meno ne partecipano, si può dire che vi è una specie di processo e di movimento della sapienza verso le cose, come se dicessimo che il sole avanza fino alla terra perché il raggio della sua luce giunge fino ad essa. E questo è anche il pensiero di Dionigi quando dice: «Ogni efflusso della divina manifestazione viene a noi da un movimento del Padre dei lumi».
Testo latino di San Tommaso
(S. Th. I, q. 9 a. 1, ad secundum)
Ad secundum dicendum quod sapientia dicitur mobilis esse similitudinarie, secundum quod suam similitudinem diffundit usque ad ultima rerum. Nihil enim esse potest, quod non procedat a divina sapientia per quandam imitationem, sicut a primo principio effectivo et formali; prout etiam artificiata procedunt a sapientia artificis. Sic igitur inquantum similitudo divinae sapientiae gradatim procedit a supremis, quae magis participant de eius similitudine, usque ad infima rerum, quae minus participant dicitur esse quidam processus et motus divinae sapientiae in res, sicut si dicamus solem procedere usque ad terram, inquantum radius luminis eius usque ad terram pertingit. Et hoc modo exponit Dionysius, cap. 1 De cael. hier., dicens quod omnis processus divinae manifestationis venit ad nos a Patre luminum moto.
Vangelo (Lc 17,20-25)
In quel tempo, i farisei domandarono a Gesù: «Quando verrà il regno di Dio?». Egli rispose loro: «Il regno di Dio non viene in modo da attirare l’attenzione, e nessuno dirà: “Eccolo qui”, oppure: “Eccolo là”. Perché, ecco, il regno di Dio è in mezzo a voi!». Disse poi ai discepoli: «Verranno giorni in cui desidererete vedere anche uno solo dei giorni del Figlio dell’uomo, ma non lo vedrete. Vi diranno: “Eccolo là”, oppure: “Eccolo qui”; non andateci, non seguiteli. Perché come la folgore, guizzando, brilla da un capo all’altro del cielo, così sarà il Figlio dell’uomo nel suo giorno. Ma prima è necessario che egli soffra molto e venga rifiutato da questa generazione».
Prima è necessario che Gesù soffra
San Tommaso
(Catena aurea sul Vangelo di San Luca,
c. 17, lez. 7, v. 25)
CIRILLO: Ma i discepoli pensavano che, salendo a Gerusalemme, il Salvatore avrebbe subito manifestato il regno di Dio. Perciò, correggendo questa opinione, mostra loro che prima era necessario che sopportasse la passione, causa della nostra salvezza, e poi ascendesse al Padre, e da lassù risplendesse, per poter giudicare il mondo secondo giustizia. Per cui soggiunge: Ma prima è necessario che egli soffra molto e venga rifiutato da questa generazione. BEDA: Chiama generazione non solo quella dei Giudei, ma di tutti i perversi, per opera dei quali anche ora il Figlio dell’uomo soffre molto e dai quali viene riprovato nel suo corpo, cioè nella Chiesa. Ma mentre parlava del suo avvento glorioso, introduceva qualcosa riguardante la sua passione, affinché, quando gli uomini l’avrebbero visto morire, avendo udito che sarebbe stato glorificato, potessero sia alleviare il dolore per le sue sofferenze con la speranza della gloria promessa, sia, allo stesso tempo, preparare se stessi, se amavano la gloria del suo regno, ad affrontare senza paura l’esame della morte.
Testo latino di San Tommaso
(Catena aurea Super Lucam,
c. 17, lect. 7, v. 25
Cyrillus. Opinabantur autem discipuli quod vadens Hierosolymam statim ostenderet regnum Dei. Hanc igitur opinionem resecans, notum facit eis quod primo decebat eum salubrem passionem sufferre, deinde ad Patrem ascendere, et desuper fulgere, ut per orbem terrarum in iustitia iudicet; unde subdit primum autem oportet illum multa pati, et reprobari a generatione hac. Beda. Generationem non tantum Iudaeorum, verum etiam omnium reproborum appellat; a quibus etiam nunc Filius hominis in corpore suo, hoc est in Ecclesia, multa patitur, et reprobatur. Inserit autem de sua passione, loquens de gloria sui adventus, ut dolorem suae passionis spe promissae clarificationis mitigarent, simulque seipsos pararent, si gloriam regni diligerent, mortis non horrere periculum.