15 novembre – mercoledì
Tempo Ordinario – 32a Settimana
Prima lettura (Sap 6,1-11)
Ascoltate, o re, e cercate di comprendere; imparate, o governanti di tutta la terra. Porgete l’orecchio, voi dominatori di popoli, che siete orgogliosi di comandare su molte nazioni. Dal Signore vi fu dato il potere e l’autorità dall’Altissimo; egli esaminerà le vostre opere e scruterà i vostri propositi: pur essendo ministri del suo regno, non avete governato rettamente né avete osservato la legge né vi siete comportati secondo il volere di Dio. Terribile e veloce egli piomberà su di voi, poiché il giudizio è severo contro coloro che stanno in alto. Gli ultimi infatti meritano misericordia, ma i potenti saranno vagliati con rigore. Il Signore dell’universo non guarderà in faccia a nessuno, non avrà riguardi per la grandezza, perché egli ha creato il piccolo e il grande e a tutti provvede in egual modo. Ma sui dominatori incombe un’indagine inflessibile. Pertanto a voi, o sovrani, sono dirette le mie parole, perché impariate la sapienza e non cadiate in errore. Chi custodisce santamente le cose sante sarà riconosciuto santo, e quanti le avranno apprese vi troveranno una difesa. Bramate, pertanto, le mie parole, desideratele e ne sarete istruiti.
La prudenza dei governanti
San Tommaso
(S. Th. II-II, q. 50, a. 1, corpo)
Come si è visto, la prudenza ha il compito di governare e di comandare. Perciò quando negli atti umani abbiamo una forma speciale di governo, o di comando, abbiamo pure una forma speciale di prudenza. Ora, è evidente che in colui che ha il compito di governare non solo se stesso, ma anche la perfetta collettività di una città o di un regno, si riscontra una speciale e perfetta forma di governo: infatti tanto più un governo è perfetto quanto più è universale ed esteso, e quanto più alto è il fine che deve raggiungere. Quindi al re, che ha il compito di governare una città o un regno, la prudenza appartiene nella sua forma più perfetta e specifica. E così la prudenza regale di governo è posta tra le specie della prudenza.
Testo latino di San Tommaso
(S. Th. II-II, q. 50, a. 1, corpus)
Respondeo dicendum quod sicut ex supradictis [q. 47 aa. 8.12] patet, ad prudentiam pertinet regere et praecipere. Et ideo ubi invenitur specialis ratio regiminis et praecepti in humanis actibus, ibi etiam invenitur specialis ratio prudentiae. Manifestum est autem quod in eo qui non solum seipsum habet regere, sed etiam communitatem perfectam civitatis vel regni, invenitur specialis et perfecta ratio regiminis, tanto enim regimen perfectius est quanto est universalius, ad plura se extendens et ulteriorem finem attingens. Et ideo regi, ad quem pertinet regere civitatem vel regnum, prudentia competit secundum specialem et perfectissimam sui rationem. Et propter hoc regnativa ponitur species prudentiae.
Vangelo (Lc 17,11-19)
Lungo il cammino verso Gerusalemme, Gesù attraversava la Samarìa e la Galilea.
Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, che si fermarono a distanza e dissero ad alta voce: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!». Appena li vide, Gesù disse loro: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». E mentre essi andavano, furono purificati.
Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce, e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un Samaritano.
Ma Gesù osservò: «Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?». E gli disse: «Àlzati e va’; la tua fede ti ha salvato!».
Dovere del ringraziamento
San Tommaso
(Catena aurea sul Vangelo di San Luca,
c. 17, lez. 5, vv. 11-14)
AMBROGIO: Dopo la parabola suddetta vengono biasimati gli ingrati; infatti si dice: Lungo il cammino verso Gerusalemme, Gesù attraversava la Samarìa. TITO: Per mostrare che i Samaritani erano benevoli, mentre i Giudei erano ingrati riguardo ai benefici suddetti; c’era infatti dissidio tra i Samaritani e i Giudei, e per mettere pace tra di loro egli passa in mezzo a entrambi per fare di essi un solo uomo nuovo. CIRILLO: Quindi il Salvatore manifesta la sua gloria attraendo Israele alla fede; per cui segue: Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, che erano stati espulsi dalle città e dai castelli, ed erano come immondi secondo il rito della legge mosaica. TITO: Essi vivevano in comune sentendosi solidali fra loro in quanto partecipi della stessa disgrazia; e aspettavano il passaggio di Gesù, guardando ansiosamente alla sua venuta; perciò prosegue: si fermarono a distanza; e questo perché la legge dei Giudei giudicava la lebbra immonda, mentre la legge evangelica considera immonda non la lebbra esteriore, ma quella interiore. TEOFILATTO: Si fermarono a distanza quasi vergognandosi per l’immondezza che veniva loro attribuita; pensavano infatti che Gesù li avrebbe guardati con ribrezzo come facevano gli altri. Perciò si fermarono a distanza; ma poi si avvicinarono supplicando: infatti «Il Signore è vicino a quanti lo invocano, a quanti lo cercano con cuore sincero» (Sal 144,18); perciò continua: e dissero ad alta voce: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!». TITO: Dicono il nome di Gesù e ottengono la realtà; infatti Gesù si interpreta Salvatore; dicono: abbi pietà di noi!, grazie all’esperienza del suo potere; infatti non chiedono né oro né argento, ma di ottenere un aspetto sano del loro corpo. TEOFILATTO: Non lo supplicano semplicemente, né lo pregano come un essere mortale, ma lo chiamano maestro, ossia Signore, quasi come considerandolo Dio. Ma egli chiede loro di presentarsi ai sacerdoti; per cui continua: Appena li vide, Gesù disse loro: «Andate a presentarvi ai sacerdoti»; infatti quelli verificavano se fossero stati liberati dalla lebbra oppure no. CIRILLO: Inoltre la legge prescriveva che i mondati dalla lebbra offrissero un sacrificio per la purificazione. TEOFILATTO: Pertanto comandare loro di recarsi dai sacerdoti non significava se non che dovevano essere curati; per cui prosegue: E mentre essi andavano, furono purificati. CIRILLO: Con ciò i sommi sacerdoti dei Giudei, che erano gelosi della sua gloria, potevano conoscere che erano stati guariti improvvisamente e miracolosamente da Cristo, il quale aveva concesso loro la salute.
Testo latino di San Tommaso
(Catena aurea Super Lucam,
c. 17, lect. 5, vv. 11-13a)
Ambrosius. Post praedictam parabolam reprehenduntur ingrati; dicitur enim et factum est, dum iret Iesus in Ierusalem, transibat per mediam Samariam et Galilaeam. Titus. Ut ostendat quod Samaritani quidem benevoli, Iudaei vero praedictis beneficiis sunt ingrati: erat enim discordia inter Samaritanos et Iudaeos: quam ipse quasi pacificans inter utrosque transit, ut utrosque compingat in unum novum hominem. Cyrillus. Deinde suam gloriam salvator manifestat, attrahens ad fidem Israel; unde sequitur et cum ingrederetur quoddam castellum, occurrerunt ei decem viri leprosi, ab urbibus et oppidis expulsi, et quasi immundi ritu legis Mosaicae. Titus. Conversabantur autem ad invicem, quia fecerat eos unanimes communitas passionis; et praestolabantur transitum Iesu, solliciti donec advenientem Christum viderent; unde sequitur qui steterunt a longe: eo quod lex Iudaeorum lepram immundam iudicat; lex autem evangelica non externam, sed internam asserit esse immundam. Theophylactus. A longe ergo stabant quasi verecundantes de immunditia quae eis imputabatur: putabant enim quod Christus eos fastidiret ad modum aliorum. Sic ergo astiterunt loco, sed facti sunt proximi deprecando: prope enim est Dominus omnibus invocantibus eum in veritate; unde sequitur et levaverunt vocem, dicentes: Iesu praeceptor, miserere nostri. Titus. Dicunt nomen Iesu, et lucrifaciunt rem; nam Iesus interpretatur salvator: dicunt miserere nobis, propter experientiam virtutis eius; neque argentum petentes neque aurum, sed ut aspectum corporis sanum obtineant. Theophylactus. Nec simpliciter obsecrant eum, nec rogant eum ut mortalem: vocat eum praeceptorem, idest Dominum, quo pene videntur hunc opinari Deum. At ipse iubet illis ut ostenderent se sacerdotibus; unde sequitur quos ut vidit, dixit: ite, ostendite vos sacerdotibus: ipsi enim experiebantur si mundati forent a lepra vel non. Cyrillus. Lex etiam mundatos a lepra iubebat offerre sacrificium causa purgationis. Theophylactus. Iubere ergo eis ut irent ad sacerdotes, nihil aliud innuebat nisi quod debebant curari; unde sequitur et factum est, dum irent, mundati sunt. Cyrillus. In quo Iudaeorum pontifices aemuli gloriae eius cognoscere poterant quod inopinate et mirifice sanati sunt, concedente Christo eis salutem.