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13 novembre – lunedì Tempo Ordinario – 32a Settimana

13 novembre – lunedì Tempo Ordinario – 32a Settimana
17/04/2023 elena

13 novembre – lunedì
Tempo Ordinario – 32a Settimana

Prima lettura (Sap 1,1-7)

   Amate la giustizia, voi giudici della terra, pensate al Signore con bontà d’animo e cercatelo con cuore semplice. Egli infatti si fa trovare da quelli che non lo mettono alla prova, e si manifesta a quelli che non diffidano di lui. I ragionamenti distorti separano da Dio; ma la potenza, messa alla prova, spiazza gli stolti. La sapienza non entra in un’anima che compie il male né abita in un corpo oppresso dal peccato. Il santo spirito, che ammaestra, fugge ogni inganno, si tiene lontano dai discorsi insensati e viene scacciato al sopraggiungere dell’ingiustizia. La sapienza è uno spirito che ama l’uomo, e tuttavia non lascia impunito il bestemmiatore per i suoi discorsi, perché Dio è testimone dei suoi sentimenti, conosce bene i suoi pensieri e ascolta ogni sua parola. Lo spirito del Signore riempie la terra e, tenendo insieme ogni cosa, ne conosce la voce.

La sapienza e il peccato

San Tommaso
(S. Th. II-II, q. 45, a. 4, in contrario e corpo)

   In Sap 1 [4] è detto: La sapienza non entrerà in un’anima che opera il male, né abiterà in un corpo schiavo del peccato.
   Secondo le spiegazioni date, la sapienza che è dono dello Spirito Santo provvede alla rettitudine del giudizio sulle cose divine, o su altre cose in base a criteri divini, per una certa connaturalità o unione col divino, unione che si compie mediante la carità, come si è detto. Quindi la sapienza di cui parliamo presuppone la carità. Ma la carità non può sussistere col peccato mortale, per i motivi da noi già ricordati. Quindi la sapienza di cui parliamo è incompatibile col peccato mortale.

Testo latino di San Tommaso
(S. Th. II-II, q. 45, a. 4, sed contra e corpus)

   Sed contra est quod dicitur Sap. 1 [4], in malevolam animam non introibit sapientia, nec habitabit in corpore subdito peccatis.
   Respondeo dicendum quod sapientia quae est donum Spiritus Sancti, sicut dictum est [aa. 2-3], facit rectitudinem iudicii circa res divinas, vel per regulas divinas de aliis, ex quadam connaturalitate sive unione ad divina. Quae quidem est per caritatem, ut dictum est [a. 2]. Et ideo sapientia de qua loquimur praesupponit caritatem. Caritas autem non potest esse cum peccato mortali, ut ex supradictis [q. 24 a. 12] patet. Unde relinquitur quod sapientia de qua loquimur non potest esse cum peccato mortali.

Vangelo (Lc 17,1-6)

   In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «È inevitabile che vengano scandali, ma guai a colui a causa del quale vengono. È meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare, piuttosto che scandalizzare uno di questi piccoli. State attenti a voi stessi! Se il tuo fratello commetterà una colpa, rimproveralo; ma se si pentirà, perdonagli. E se commetterà una colpa sette volte al giorno contro di te e sette volte ritornerà a te dicendo: “Sono pentito”, tu gli perdonerai». Gli apostoli dissero al Signore: «Accresci in noi la fede!». Il Signore rispose: «Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: “Sràdicati e vai a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe».

Diversificazioni dell’unica fede

San Tommaso
(S. Th. II-II, q. 5, a. 4, corpo)

   Come si disse sopra, la grandezza di un abito si può essere desunta da due cose: dall’oggetto o dalla partecipazione del soggetto. Ora, l’oggetto della fede può essere considerato sotto due aspetti: primo, dal lato della ragione formale; secondo, dal lato delle verità materialmente proposte ai credenti. Ora, l’oggetto formale della fede è unico e semplice, non essendo altro che la prima verità, come sopra si è detto. Perciò da questo lato la fede non si diversifica nei credenti, ma è in tutti della medesima specie, come sopra si è detto. Invece le verità materialmente proposte a credere sono molteplici, e possono essere accolte in maniera più o meno esplicita. E sotto questo aspetto un uomo può credere esplicitamente più cose di un altro. Perciò in uno ci può essere una fede maggiore in ragione di una maggiore esplicitazione della fede. – Se invece si considera la fede dal lato della partecipazione del soggetto, allora ciò può accadere in due modi. Infatti l’atto della fede procede dall’intelletto e dalla volontà, come si è visto sopra. Perciò la fede in un uomo può essere maggiore: primo, per quanto riguarda l’intelletto, per una maggiore certezza e fermezza; secondo, per quanto riguarda la volontà, per una maggiore prontezza, devozione o fiducia.

Testo latino di San Tommaso
(S. Th. II-II, q. 5, a. 4, corpus)

   Respondeo dicendum quod, sicut supra [I-II q. 52 aa. 1-2; q. 112 a. 4] dictum est, quantitas habitus ex duobus attendi potest, uno modo, ex obiecto; alio modo, secundum participationem subiecti. Obiectum autem fidei potest dupliciter considerari, uno modo, secundum formalem rationem; alio modo, secundum ea quae materialiter credenda proponuntur. Formale autem obiectum fidei est unum et simplex scilicet veritas prima, ut supra [q. 1 a. 1] dictum est. Unde ex hac parte fides non diversificatur in credentibus, sed est una specie in omnibus, ut supra [q. 4 a. 6] dictum est. Sed ea quae materialiter credenda proponuntur sunt plura, et possunt accipi vel magis vel minus explicite. Et secundum hoc potest unus homo plura explicite credere quam alius. Et sic in uno potest esse maior fides secundum maiorem fidei explicationem. – Si vero consideretur fides secundum participationem subiecti, hoc contingit dupliciter. Nam actus fidei procedit et ex intellectu et ex voluntate, ut supra [a. 2; q. 1 a. 4; q. 2 a. 1 ad 3; a. 9; q. 4 aa. 1-2] dictum est. Potest ergo fides in aliquo dici maior uno modo ex parte intellectus, propter maiorem certitudinem et firmitatem, alio modo ex parte voluntatis, propter maiorem promptitudinem seu devotionem vel confidentiam.

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