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11 novembre – sabato Memoria di San Martino di Tours Tempo Ordinario – 31a Settimana

11 novembre – sabato Memoria di San Martino di Tours Tempo Ordinario – 31a Settimana
17/04/2023 elena

11 novembre – sabato
Memoria di San Martino di Tours
Tempo Ordinario – 31a Settimana

Prima lettura
(Rm 16,3-9.16.22-27)

   Fratelli, salutate Prisca e Aquila, miei collaboratori in Cristo Gesù. Essi per salvarmi la vita hanno rischiato la loro testa, e a loro non io soltanto sono grato, ma tutte le Chiese del mondo pagano. Salutate anche la comunità che si riunisce nella loro casa. Salutate il mio amatissimo Epèneto, che è stato il primo a credere in Cristo nella provincia dell’Asia. Salutate Maria, che ha faticato molto per voi. Salutate Andrònico e Giunia, miei parenti e compagni di prigionia: sono insigni tra gli apostoli ed erano in Cristo già prima di me. Salutate Ampliato, che mi è molto caro nel Signore. Salutate Urbano, nostro collaboratore in Cristo, e il mio carissimo Stachi.  Salutatevi gli uni gli altri con il bacio santo. Vi salutano tutte le Chiese di Cristo. Anch’io, Terzo, che ho scritto la lettera, vi saluto nel Signore. Vi saluta Gaio, che ospita me e tutta la comunità. Vi salutano Erasto, tesoriere della città, e il fratello Quarto. A colui che ha il potere di confermarvi nel mio Vangelo, che annuncia Gesù Cristo, secondo la rivelazione del mistero, avvolto nel silenzio per secoli eterni, ma ora manifestato mediante le scritture dei Profeti, per ordine dell’eterno Dio, annunciato a tutte le genti perché giungano all’obbedienza della fede, a Dio, che solo è sapiente, per mezzo di Gesù Cristo, la gloria nei secoli. Amen.

Il mistero avvolto nel silenzio

San Tommaso
(Sulla lettera ai Romani,
c. 16, lez. 2, v. 25)

   Se parliamo del mistero dell’incarnazione, il testo va così costruito: Mistero avvolto nel silenzio per secoli eterni, poiché prima non era stato manifestato così; ma ora manifestato mediante le Scritture dei profeti, che lo predissero per ordine dell’eterno Dio, che ha voluto rendere manifesto il mistero dell’incarnazione a tutte le genti perché giungano all’obbedienza della fede. Il mistero, dico, che sebbene avvolto nel silenzio presso gli uomini, tuttavia era noto a Dio, che solo è sapiente, in quanto lui solo lo conosce, e coloro ai quali ha voluto rivelarlo; poiché, come si dice in 1 Cor 2,11, «le cose di Dio nessuno le conosce, se non lo Spirito di Dio». Oppure ciò può essere inteso di colui che solo è sapiente, cioè per essenza, come si dice in Mt 19,17 e Mc 10,18: «Nessuno è buono, se non Dio solo». Né con ciò si esclude il Figlio, poiché la perfezione di tutta la Trinità è la medesima, e come d’altra parte viene detto: «Nessuno conosce il Padre se non il Figlio» (Mt 11,27), senza escludere per questo il Padre dalla conoscenza di se stesso.

Testo latino di San Tommaso
(Super epistolam ad Romanos,

c. 16, lect. 2, v. 25)

   Si autem loquamur de mysterio incarnationis, sic construenda est littera: mysterii, inquam, temporibus aeternis taciti, quia antea non erat ita manifestum. Quod, inquam, mysterium nunc patefactum est per Scripturas prophetarum, qui hoc praedixerunt secundum praeceptum aeterni Dei, qui voluit mysterium incarnationis patefieri, et hoc ad obedientiam fidei in cunctis gentibus. Mysterii, inquam, licet taciti apud homines, tamen cogniti soli Deo sapienti, quia ipse solus hoc cognovit et quibus hoc voluit revelare, quia, ut dicitur 1 Cor. 2,11: quae sunt Dei, nemo novit nisi Spiritus Dei. Vel potest intelligi de eo qui solus est sapiens, scilicet per essentiam, sicut dicitur Matth. c. 19,17, et Mc. 10,18: nemo bonus, nisi solus Deus. Nec excluditur per hoc Filius, quia eadem est perfectio totius Trinitatis, sicut e converso dicitur: nemo novit Patrem nisi Filius, Matth. 11,27. Non excluditur Pater a notitia sui ipsius.

Vangelo (Lc 16,9-15)

   In quel tempo, Gesù diceva ai discepoli: «Fatevi degli amici con la ricchezza disonesta, perché, quando questa verrà a mancare, essi vi accolgano nelle dimore eterne. Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti. Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera? E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra? Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza». I farisei, che erano attaccati al denaro, ascoltavano tutte queste cose e si facevano beffe di lui. Egli disse loro: «Voi siete quelli che si ritengono giusti davanti agli uomini, ma Dio conosce i vostri cuori: ciò che fra gli uomini viene esaltato, davanti a Dio è cosa abominevole».

La ricchezza disonesta

San Tommaso
(S. Th. II-II, q. 32, a. 7, soluzione 1)

   1. Come scrive S. Agostino, «alcuni, male interpretando quelle parole del Signore, rubano la roba altrui, e facendo con una parte di essa delle elemosine ai poveri, pensano così di adempiere ciò che è comandato. Ma questa interpretazione deve essere corretta». E altrove spiega: «Tutte le ricchezze sono dette inique, poiché non sono ricchezze che per gli iniqui, i quali mettono in esse la loro speranza». Oppure, come dice S. Ambrogio, il Signore «chiamò disoneste le ricchezze perché esse tentano i nostri affetti con molteplici attrattive». Oppure, come spiega S. Basilio, perché «tra i molti predecessori che godettero del tuo patrimonio si trova qualcuno che usurpò i beni altrui, anche se tu non lo sai». Oppure tutte le ricchezze sono dette di iniquità, cioè di inegualità, poiché non sono distribuite con uguaglianza, ma uno è nella miseria e l’altro nell’abbondanza.

Testo latino di San Tommaso
(S. Th. II-II, q. 32, a. 7, ad primum)

   Ad primum ergo dicendum quod, sicut Augustinus dicit, in libro De verb. Dom., illud verbum Domini quidam male intelligendo, rapiunt res alienas, et aliquid inde pauperibus largiuntur, et putant se facere quod praeceptum est. Intellectus iste corrigendus est. Sed omnes divitiae iniquitatis dicuntur, ut dicit in libro De q. Evang., quia non sunt divitiae nisi iniquis, qui in eis spem constituunt. Iniquum mammona dixit quia variis divitiarum illecebris nostros tentat affectus. Vel quia in pluribus praedecessoribus, quibus patrimonio succedis, aliquis reperitur qui iniuste usurpavit aliena, quamvis tu nescias ut Basilius dicit. Vel omnes divitiae dicuntur iniquitatis, idest inaequalitatis, quia non aequaliter sunt omnibus distributae uno egente et alio superabundante.

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