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9 novembre – giovedì Festa della Dedicazione della Basilica Lateranense

9 novembre – giovedì Festa della Dedicazione della Basilica Lateranense
17/04/2023 elena

9 novembre – giovedì
Festa della Dedicazione
della Basilica Lateranense

Prima lettura
(Ez 47,1-2.8-9.12)

   In quei giorni, [ un uomo, il cui aspetto era come di bronzo, ] mi condusse all’ingresso del tempio e vidi che sotto la soglia del tempio usciva acqua verso oriente, poiché la facciata del tempio era verso oriente. Quell’acqua scendeva sotto il lato destro del tempio, dalla parte meridionale dell’altare. Mi condusse fuori dalla porta settentrionale e mi fece girare all’esterno, fino alla porta esterna rivolta a oriente, e vidi che l’acqua scaturiva dal lato destro. Mi disse: «Queste acque scorrono verso la regione orientale, scendono nell’Àraba ed entrano nel mare: sfociate nel mare, ne risanano le acque. Ogni essere vivente che si muove dovunque arriva il torrente, vivrà: il pesce vi sarà abbondantissimo, perché dove giungono quelle acque, risanano, e là dove giungerà il torrente tutto rivivrà. Lungo il torrente, su una riva e sull’altra, crescerà ogni sorta di alberi da frutto, le cui foglie non appassiranno: i loro frutti non cesseranno e ogni mese matureranno, perché le loro acque sgorgano dal santuario. I loro frutti serviranno come cibo e le foglie come medicina».

Significati dell’acqua

San Tommaso
(Su Isaia, c. 12, verso la fine)

   Si noti sulle parole: Attingerete acqua, che c’è innanzitutto l’acqua della dottrina. Più sotto 55,1: «O voi tutti assetati, venite all’acqua». In secondo luogo della grazia; Gv 7,38: «Chi crede in me, fiumi d’acqua viva sgorgheranno dal suo grembo». Terzo, del battesimo; Gv 3,5: «Se uno non nasce da acqua e Spirito Santo, non può entrare nel regno di Dio».
   Così pure bisogna notare che l’acqua viene attinta dalla fonte, primo, della divina sapienza. Sir 1,5: «Fonte della sapienza la parola di Dio nei cieli». Secondo, della vita eterna. Ger 2,13: «Hanno abbandonato me, fonte d’acqua viva». Terzo, dal corpo di Cristo. Zc 13,1: «In quel giorno vi sarà una sorgente zampillante per la casa di Davide».

Testo latino di San Tommaso
(In Isaiam, c. 12, circa finem)

   Notandum super illo verbo, haurietis aquas, quod est aqua primo doctrinae. Infra 55: omnes sitientes venite ad aquas. Secundo gratiae. Joan. 7: qui in me credit, flumina de ventre ejus fluent aquae vivae. Tertio baptismalis munditiae. Joan. 3: nisi quis renatus fuerit ex aqua et Spiritu Sancto, non potest intrare in regnum Dei. Item nota, quod haurietur aqua de fonte, primo divinae sapientiae. Eccl. 1: fons sapientiae verbum Dei in excelsis. Secundo aeternae vitae. Jer. 2: me dereliquerunt fontem aquae vivae. Tertio Christi corpore. Zach. 13: in die illa erit fons patens domui David.

Seconda lettura
(1 Cor 3,9c-11.16-17)

   Fratelli, voi siete edificio di Dio. Secondo la grazia di Dio che mi è stata data, come un saggio architetto io ho posto il fondamento; un altro poi vi costruisce sopra. Ma ciascuno stia attento a come costruisce. Infatti nessuno può porre un fondamento diverso da quello che già vi si trova, che è Gesù Cristo. Non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi? Se uno distrugge il tempio di Dio, Dio distruggerà lui. Perché santo è il tempio di Dio, che siete voi.

I fedeli tempio di Dio

San Tommaso
(Sulla prima lettera ai Corinzi,
c. 3, lez. 3, v. 16, nn. 172-173)

   v. 16. Non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi? Qui dimostra che i fedeli sono tempio di Dio. Infatti rientra nel concetto di tempio che sia l’abitazione di Dio, secondo il Salmo 10,5: «Il Signore nel suo tempio santo». Quindi tutto ciò in cui abita Dio può essere detto tempio. Ora, Dio abita innanzitutto in se stesso, poiché egli solo si abbraccia. Per cui Dio stesso è detto tempio di Dio in Ap 21,22: «Il Signore Dio onnipotente è il suo tempio». Inoltre Dio abita in una casa consacrata mediante il culto spirituale che in essa gli viene offerto, per cui la casa consacrata viene detta tempio, secondo il Salmo 5,8: «Mi prostrerò con timore nel tuo tempio santo». Dio poi abita anche negli uomini attraverso «la fede che opera mediante la carità», secondo Ef 3,17: «Che il Cristo abiti mediante la fede nei vostri cuori».
   Quindi, per dimostrare che i fedeli sono tempio di Dio, aggiunge che sono inabitati da Dio, quando dice: e che lo Spirito di Dio abita in voi. E in Rm 8,11 è stato detto: «Lo Spirito che ha risuscitato Gesù Cristo abiterà in voi». Ez 36,27: «Porrò il mio spirito in mezzo a voi».
   Dal che risulta che lo Spirito Santo è Dio, dato che per la sua inabitazione i fedeli sono detti tempio di Dio. Infatti solo l’inabitazione di Dio realizza il tempio di Dio, come si è detto.
   Ma occorre considerare che Dio si trova in tutte le creature, nelle quali è per essenza, per potenza e per presenza, riempendo tutte le cose con i suoi beni, secondo il testo di Ger 23,24: «Io riempio il cielo e la terra». Si dice però che Dio inabita spiritualmente come nella sua casa di famiglia nei santi, la cui mente è capace di Dio mediante la conoscenza e l’amore, anche se essi non conoscono e amano in atto, purché abbiano attraverso la grazia l’abito della fede e della carità, come è chiaro nei bambini battezzati. E la conoscenza senza l’amore non basta per l’inabitazione di Dio, secondo quanto detto in 1 Gv 4,16: «Chi rimane nella carità, rimane in Dio, e Dio in lui». Per cui risulta che molti conoscono Dio, o per conoscenza naturale, o per la fede informe, senza tuttavia che lo Spirito di Dio inabiti in loro.

Testo latino di San Tommaso
(Super primam epistolam ad Corinthios,

c. 3, lect. 3, v. 16, nn. 172-173)

   Secundo probat quod fideles sint templum Dei. Est enim de ratione templi quod sit habitaculum Dei, secundum illud Ps. 10,5: Deus in templo sancto suo. Unde omne illud in quo Deus habitat, potest dici templum. Habitat autem Deus principaliter in seipso, quia ipse solus se comprehendit. Unde et ipse Deus templum Dei dicitur Apoc. 21,22: Dominus Deus omnipotens templum illius est. Habitat etiam Deus in domo sacrata per spiritualem cultum, qui in ea sibi exhibetur; et ideo domus sacrata dicitur templum, secundum illud Ps. 5,8: adorabo ad templum sanctum tuum, et cetera. Habitat etiam Deus in hominibus per fidem, quae per dilectionem operatur, secundum illud Eph. 3,17: habitare Christum per fidem in cordibus vestris. Unde et ad probandum quod fideles sint templum Dei, subiungit quod inhabitantur a Deo, cum dicit et Spiritus Dei habitat in vobis. Et Rom. 8,11 dictum est: Spiritus, qui suscitavit Iesum Christum habitabit in vobis. Ez. 36,27: spiritum meum ponam in medio vestri. Ex quo patet quod Spiritus Sanctus est Deus, per cuius inhabitationem fideles dicuntur templum Dei. Sola enim inhabitatio Dei templum Dei facit, ut dictum est. Est autem considerandum quod Deus est in omnibus creaturis, in quibus est per essentiam, potentiam et praesentiam, implens omnia bonitatibus suis, secundum illud Ier. 23,24: caelum et terram ego impleo. Sed spiritualiter dicitur Deus inhabitare tamquam in familiari domo in sanctis, quorum mens capax est Dei per cognitionem et amorem, etiam si ipsi in actu non cognoscant et diligant, dummodo habeant per gratiam habitum fidei et charitatis, sicut patet de pueris baptizatis. Et cognitio sine dilectione non sufficit ad inhabitationem Dei, secundum illud 1 Io. 4,16: qui manet in charitate, in Deo manet, et Deus in eo.

Vangelo
(Gv 2,13-22)

   Si avvicinava la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete. Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori del tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!». I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: «Lo zelo per la tua casa mi divorerà». Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo. Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù.

Il tempio di Dio siamo noi

San Tommaso
(Sul Vangelo di San Giovanni,
c. 2, lez. 3, II, v. 19)

   Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Ma bisogna fare attenzione alle parole con cui è dato questo segno. Cristo dice che il suo corpo è un tempio; e la ragione è che egli chiama “tempio” un luogo dove Dio abita. Sal 10,5: «Il Signore è nel suo tempio santo». È per questo che l’anima santa in cui Dio abita è chiamata “tempio di Dio”. 1 Cor 3,17: «Santo è il tempio di Dio, e questo tempio siete voi». Quindi, dato che nel corpo di Cristo abita la divinità, il corpo di Cristo è tempio di Dio non solo secondo l’anima, ma anche secondo il corpo. Col 2,9: «In lui abita corporalmente tutta la pienezza della divinità». Anche in noi, certamente, Dio abita per la sua grazia, cioè secondo l’atto dell’intelletto e della volontà, che non è un atto del corpo, ma solo dell’anima; ma in Cristo abita secondo l’unione nella persona, che non include solo l’anima, ma anche il corpo; e per questo lo stesso corpo di Cristo è tempio di Dio.
   Nestorio, trovando qui l’occasione del suo errore, pretende che il Verbo di Dio sia unito alla natura umana solo per l’inabitazione; e da qui segue che in Cristo altra è la persona di Dio e altra la persona dell’uomo. Per cui bisogna precisare che l’inabitazione di Dio in Cristo si rapporta alla natura, poiché altra è la natura divina e altra la natura umana in Cristo, mentre non è così per la persona, che è la stessa in Cristo in quanto Dio e in quanto uomo, vale a dire la persona del Verbo, come si è detto sopra.
   Quindi, supposto ciò, il Signore quanto al segno fa due cose: prima annuncia la sua morte futura, poi la risurrezione.
   Predice la sua morte con le parole: Distruggete questo tempio. Infatti Cristo morì e fu messo a morte da altri. Mt 17,22: «Il Figlio dell’uomo deve essere consegnato nelle mani degli uomini, e lo uccideranno»; ma di sua piena volontà. Is 53,7 (Volg.): «Egli si offrì volontariamente alla morte». Per questo dice: Distruggete questo tempio, cioè il mio corpo. Non dice: «sarà distrutto», perché non si pensi che si tratta di una morte naturale, e non dice: «distruggerò», perché non si pensi che si mette a morte da se stesso; dice invece: Distruggete, non certo come un ordine, ma come una predizione e una permissione. In quanto predizione Distruggete questo tempio significa allora: «Distruggerete», e in quanto permissione: «Fate del mio corpo ciò che volete, io ve lo consegno», come dirà a Giuda (13,27): «Quello che fai, fallo presto», non come un ordine, ma abbandonandolo al suo libero arbitrio. Gesù usa il termine «distruggere» poiché la morte di Cristo è la distruzione del suo corpo, in modo del tutto diverso, tuttavia, che per gli altri uomini: il loro corpo infatti sarà distrutto dalla morte così da essere ridotto in cenere e putrefatto; ma tale distruzione non ha luogo in Cristo. Sal 15,10: «Tu non lascerai che il tuo Santo veda la corruzione». Ci fu tuttavia una distruzione per la morte, poiché la sua anima fu separata dal corpo come la forma dalla materia, e il suo sangue fu separato dal corpo, e il suo corpo fu trapassato dai chiodi e dalla lancia.
   Cristo poi preannuncia la sua risurrezione dicendo: e in tre giorni lo farò risorgere, cioè il corpo, che risusciterò dai morti. E non dice: «sarà fatto risorgere», e neppure: «il Padre farà risorgere», ma: (io) lo farò risorgere, per mostrare che egli risorge dai morti per virtù propria. Tuttavia non neghiamo per questo che il Padre ha risuscitato Cristo, poiché S. Paolo dice (Rm 8,11): «Egli ha risuscitato Cristo dai morti»; e nel Sal 40,11 si legge: «Ma tu, Signore, abbi pietà e sollevami». Così Dio Padre lo ha fatto risorgere dai morti, e Cristo è risuscitato per la propria potenza. Sal 36: «Io mi corico e mi addormento; mi sveglio perché il Signore mi sostiene». E in ciò non vi è contrarietà, poiché il Padre e il Figlio hanno in comune una medesima potenza; di conseguenza «tutto ciò che fa il Padre, anche il Figlio similmente lo fa» (5,19). Infatti se il Padre lo ha sollevato, anche il Figlio. 2 Cor 13,4: «Infatti fu crocifisso per la debolezza, ma vive per la potenza di Dio».
   Dice poi: e in tre giorni, e non «dopo tre giorni», poiché non rimase nel sepolcro per tre giorni completi; ma, come dice S. Agostino, usa una locuzione sineddotica, nella quale si pone la parte per il tutto. Origene poi assegna una ragione mistica a questa locuzione dicendo: il corpo di Cristo è veramente tempio di Dio, e rappresenta senza dubbio il corpo mistico, cioè la Chiesa. 1 Cor 12,27: «Voi siete il corpo di Cristo, e le sue singole membra». E come nel corpo di Cristo abita la divinità per la grazia dell’unione, così anche nella Chiesa per la grazia dell’adozione. E sebbene sembri che questo corpo si dissolva misticamente per le avversità delle tribolazioni dalle quali è afflitto, tuttavia viene risuscitato in tre giorni, cioè nel giorno della legge di natura, e nel giorno della legge scritta, e nel giorno della legge della grazia; poiché, sebbene in questi giorni in alcuni il corpo si dissolva, tuttavia in altri vive. Per cui dice: in tre giorni, poiché questa risurrezione spirituale si compie in tre giorni. Ma dopo tre giorni risusciteremo in modo perfetto, e non solo quanto alla prima risurrezione, ma anche quanto alla seconda. Ap 20,6: «Beato chi ha parte alla seconda risurrezione».

Testo latino di San Tommaso
(Super Ioannem, c. 2, lect. 3, II, v. 19)

   Sed attendenda sunt verba signi dati. Nam Christus corpus suum templum dicit: cuius ratio est, quia templum dicitur in quo Deus inhabitat etc. secundum illud Ps. 10,5: Dominus in templo sancto suo. Et inde est quod anima sancta, quam Deus inhabitat, dicitur templum Dei; 1 Cor. 3,17: templum Dei sanctum est, quod estis vos. Quia ergo in corpore Christi divinitas inhabitat, ideo corpus Christi est templum Dei, non solum secundum animam, sed etiam secundum corpus; Col. 2,9: in quo inhabitat omnis plenitudo divinitatis corporaliter. Et in nobis quidem habitat Deus secundum gratiam, scilicet secundum actum intellectus et voluntatis, qui non est actus corporis, sed animae tantum; sed in Christo habitat secundum unionem in persona: quae quidem unio non solum ipsam animam, sed et corpus includit; et ideo ipsum corpus Christi est templum Dei. Ex hoc autem Nestorius, sui erroris occasionem sumens, dicit Verbum Dei unitum humanae naturae secundum inhabitationem tantum; ex quo sequitur quod alia sit persona Dei, alia hominis in Christo. Et ideo dicendum est, quod inhabitatio Dei in Christo refertur ad naturam, quia alia est divina natura, alia humana in Christo; sed non ad personam, quae est eadem in Christo Dei et hominis, scilicet persona Verbi, ut dictum est supra. Hoc igitur supposito, circa hoc signum Dominus duo facit. Primo quidem praenuntiat suam mortem futuram; secundo vero resurrectionem. Mortem quidem praenuntiat cum dicit solvite templum hoc. Christus enim mortuus fuit, et ab aliis occisus, Matth. 17, v. 22: et occident eum, eo tamen volente: quia, ut dicitur Is. 53,7, oblatus est quia ipse voluit. Et ideo dicit solvite templum hoc, idest corpus meum. Et non dicit, solvetur, ne intelligas eum seipsum occidisse; sed dicit solvite, quod non est imperantis, sed praenuntiantis, et permittentis. Praenuntiantis quidem, ut sit sensus solvite templum hoc, idest, solvetis; permittentis vero, ut sit sensus solvite templum hoc, idest, facite de corpore meo quod vultis, illud vobis expono, sicut dicit Iudae, infra 13,27: quod facis, fac citius: non quidem imperans ei, sed eum eius arbitrio derelinquens. Dicit autem solvite, quia mors Christi est solutio corporis eius, aliter tamen quam aliorum hominum. Nam corpora aliorum hominum solvuntur per mortem usque ad incinerationem carnis, et pulverationem: qualis quidem solutio non fuit in Christo; quia, ut dicitur in Ps. 15,10, non dabis Sanctum tuum videre corruptionem. Fuit ibi tamen solutio per mortem, quia anima separata est a corpore, ut forma a materia, et quia sanguis separatus est a corpore, et quia corpus eius perforatum est clavis et lancea. Resurrectionem autem praenuntiat cum dicit et in tribus diebus excitabo illud, scilicet corpus; idest a mortuis suscitabo. Non autem dicit excitabitur, nec excitabit illud Pater, sed ego excitabo: ut ostendat se propria virtute a mortuis resurgere. Nec tamen negamus quin Pater eum a mortuis suscitaverit, quia, ut dicitur Rom. c. 8,11, qui suscitavit Iesum a mortuis. Et in Ps. 40,11: Tu autem, Domine, miserere mei, et resuscita me. Sic ergo Deus Pater Christum suscitavit a mortuis, et Christus propria virtute resurrexit; Ps. 3,6: Ego dormivi, et soporatus sum, et exurrexi, quia Dominus suscepit me. Nec est in hoc contrarietas, quia eadem est virtus utriusque: unde quaecumque Pater facit, haec similiter, et Filius facit: infra 5,19. Nam si Pater eum suscitavit, et Filius; 2 Cor. ult., 4: nam si crucifixus est ex infirmitate, sed vivit ex virtute Dei. Dicit autem et in tribus diebus et non post tres dies, quia non diebus tribus completis in monumento permansit; sed, sicut Augustinus dicit, est synecdochica locutio, in qua ponitur pars pro toto. Origenes autem huius locutionis mysticam rationem assignat, dicens: corpus Christi verum est templum Dei, quod quidem corpus figurat corpus mysticum, idest Ecclesiam; 1 Cor. 12,27: vos estis corpus Christi, et membra de membro. Et sicut in corpore Christi habitat divinitas per gratiam unionis, ita et in Ecclesia per gratiam adoptionis. Et quamvis corpus istud mystice dissolvi videatur adversitatibus tribulationum, quibus affligitur, tamen suscitatur in tribus diebus, scilicet in die legis naturae, et in die legis scriptae, et in die legis gratiae; quia, etsi in his diebus quantum ad aliquos corpus dissolvatur, quantum ad aliquos tamen vivit. Et ideo dicit in tribus diebus, quia huius resurrectio spiritualis in tribus diebus perficitur. Sed post tres dies perfecte resuscitabimur, non solum quantum ad primam resurrectionem, sed etiam quantum ad secundam; Apoc. 20, v. 6: Beatus qui habet partem in resurrectione secunda.

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