15 settembre – venerdì
Memoria della
Beata Vergine Maria Addolorata
Tempo Ordinario – 23a Settimana
Prima lettura (1 Tm 1,1-2.12-14)
Paolo, apostolo di Cristo Gesù per comando di Dio nostro salvatore e di Cristo Gesù nostra speranza, a Timòteo, vero figlio mio nella fede: grazia, misericordia e pace da Dio Padre e da Cristo Gesù Signore nostro. Rendo grazie a colui che mi ha reso forte, Cristo Gesù Signore nostro, perché mi ha giudicato degno di fiducia mettendo al suo servizio me, che prima ero un bestemmiatore, un persecutore e un violento. Ma mi è stata usata misericordia, perché agivo per ignoranza, lontano dalla fede, e così la grazia del Signore nostro ha sovrabbondato insieme alla fede e alla carità che è in Cristo Gesù.
I requisiti del ministro del Vangelo
San Tommaso
(Sulla prima lettera a Timoteo,
c. 1, lez. 3, v. 12, n. 32)
32. Perché qualcuno sia ministro del vangelo si richiedono tre cose. Primo, la commissione. Rm10,15: «E come lo annunzieranno, senza essere prima inviati? …». Secondo, l’idoneità, cioè l’essere fedeli, 1 Cor 4,2: «Quanto si richiede negli amministratori è che ognuno risulti fedele». Terzo, che si sia forti nel perseverare.
E pone questi tre elementi nell’ordine inverso, cioè pone anzitutto il terzo dicendo: «colui che mi ha reso forte …», così da perseverare nell’ufficio affidatomi. Ez 3,14: «La mano del Signore era su di me per darmi forza». Il secondo lo pone là dove dice: «mi ha giudicato degno di fiducia …». Mt 24,45: «Il servo fidato e prudente che il padrone ha preposto ai suoi domestici». E questo perché cercava solo le cose che erano di Dio. Mostra infine il primo elemento quando dice: «al suo servizio», cioè affidandomi questo ministero. At 13,2: «Riservate per me Barnaba e Saulo per l’opera alla quale li ho chiamati». 2 Cor 11,23: «Sono ministri di Cristo? Anch’io».
Testo latino di San Tommaso
(Super primam epistolam ad Timotheum,
c. 1, lect. 3, v. 12, n. 32)
Sed ad hoc quod aliquis sit minister Evangelii, tria requiruntur. Primo quod sibi committatur. Rom. 10,15: quomodo praedicabunt, nisi mittantur, et cetera. Secundo idoneitas, id est, ut sit fidelis. 1 Cor. 4,2: hic iam quaeritur inter dispensatores, ut fidelis quis inveniatur. Item ut sit fortis ad prosequendum. Et haec tria ponit ordine retrogrado, et primo tertium, dicens qui me confortavit, etc., scilicet ad prosequendum officium iniunctum. Ez. 3,14: manus Domini erat mecum confortans me. Secundum ponit ibi quia fidelem me, et cetera. Matth. 24,45: fidelis servus et prudens, quem constituit Dominus super familiam suam. Et hoc quia quaerebat solum quae Dei erant. Primum vero ostendit, cum dicit in ministerio, id est, committens mihi ministerium hoc. Act. 13,2: segregate mihi Barnabam et Saulum in opus ad quod assumpsi eos. 2 Cor. 11,23: ministri Christi sunt? Et ego.
Vangelo (Lc 6,39-42)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli una parabola: «Può forse un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutt’e due in una buca? Il discepolo non è da più del maestro; ma ognuno ben preparato sarà come il suo maestro. Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello, e non t’accorgi della trave che è nel tuo? Come puoi dire al tuo fratello: Permetti che tolga la pagliuzza che è nel tuo occhio, e tu non vedi la trave che è nel tuo? Ipocrita, togli prima la trave dal tuo occhio e allora potrai vederci bene nel togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello.
La pagliuzza e la trave
San Tommaso
(Catena aurea sul Vangelo di San Luca,
c. 6, lez. 10, vv. 41-42)
TEOFILATTO: Ora il Signore introduce un’altra parabola sullo stesso tema, aggiungendo: Perché guardi la pagliuzza, ossia un piccolo misfatto, nell’occhio di tuo fratello e non consideri la trave che è nel tuo?, cioè il tuo gravissimo peccato. BEDA: Ciò fa riferimento alla parabola precedente, in cui ammoniva che il cieco non può essere guidato da un cieco, ossia il peccatore non può essere corretto dal peccatore. Per questo dice: Come puoi dire al tuo fratello: permetti che tolga la pagliuzza che è nel tuo occhio non vedendo la trave che è nel tuo? CIRILLO: Come se dicesse: Chi è reo di gravi peccati, che chiama trave, in che modo condanna chi ne ha commessi pochi oppure nessuno? Questo significa la pagliuzza. TEOFILATTO: L’esempio si addice a tutti, ma specialmente ai maestri che, mentre castigano i peccati più piccoli dei loro sudditi, lasciano impuniti i propri. Per questo motivo li chiama ipocriti, perché giudicano i peccati degli altri al fine di apparire giusti; perciò prosegue: Ipocrita, togli prima la trave dal tuo occhio e allora potrai vederci bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello. CIRILLO: Prima mostra te stesso puro dai grossi peccati, e poi potrai dare consigli al tuo prossimo che è colpevole solo di peccati leggeri. BASILIO: In verità, la conoscenza di se stessi è il dovere più importante. Infatti non solo l’occhio che vede le cose esterne non usa la vista sopra se stesso, ma anche il nostro intelletto, sebbene sia molto rapido nel cogliere il peccato degli altri, è invece lento nel cogliere i propri difetti.
Testo latino di San Tommaso
(Catena aurea Super Lucam,
c. 6, lect. 10, vv. 41-42)
Theophylactus. Inducit autem Dominus et aliam parabolam de eodem, subdens quid autem vides festucam, idest modicum criminis, in oculo fratris tui, trabem autem quae in oculo tuo est, idest peccatum tuum maximum, non consideras? Beda. Hoc autem ad superiorem sensum respicit, ubi caecum a caeco duci, idest peccantem a peccatore castigari non posse praemonuit; unde dicitur aut quomodo potes dicere fratri tuo: frater, sine eiciam festucam de oculo tuo, ipse in oculo tuo trabem non videns? Cyrillus. Quasi dicat: qui gravibus obnoxius est peccatis, quae trabem vocat, qualiter damnat eum qui pauca vel quandoque nil mali commisit? Hoc enim festuca significat. Theophylactus. Convenit autem hoc omnibus, et maxime doctoribus, qui subditorum cum minima peccata puniant, propria impunita relinquunt. Propter hoc eos Dominus hypocritas vocat, qui ex hoc aliorum peccata iudicant ut iusti videantur; unde sequitur hypocrita, eice primum trabem de oculo tuo, et tunc perspicies ut educas festucam de oculo fratris tui. Cyrillus. Videlicet teipsum primum mundum ostendas a magnis peccatis; consequenter consules proximo modica committenti. Basilius. Videtur enim revera cognitio sui ipsius gravissimum omnium: neque enim solus oculus exteriora videns super se visu non utitur; sed et ipse noster intellectus, cum alienum velociter coniectat peccatum, lentus est erga propriorum perceptionem defectuum.