13 settembre – mercoledì
Tempo Ordinario – 23a Settimana
Prima lettura (Col 3,1-11)
Fratelli, se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove è Cristo, seduto alla destra di Dio; rivolgete il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della terra. Voi infatti siete morti e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio! Quando Cristo, vostra vita, sarà manifestato, allora anche voi apparirete con lui nella gloria. Fate morire dunque ciò che appartiene alla terra: impurità, immoralità, passioni, desideri cattivi e quella cupidigia che è idolatria; a motivo di queste cose l’ira di Dio viene su coloro che gli disobbediscono. Anche voi un tempo eravate così, quando vivevate in questi vizi. Ora invece gettate via anche voi tutte queste cose: ira, animosità, cattiveria, insulti e discorsi osceni, che escono dalla vostra bocca. Non dite menzogne gli uni agli altri: vi siete svestiti dell’uomo vecchio con le sue azioni e avete rivestito il nuovo, che si rinnova per una piena conoscenza, ad immagine di Colui che lo ha creato. Qui non vi è Greco o Giudeo, circoncisione o incirconcisione, barbaro, Scita, schiavo, libero, ma Cristo è tutto e in tutti.
Risorti con Cristo
San Tommaso
(S. Th. III, q. 56, a. 2, corpo)
Come si è già notato, la risurrezione di Cristo agisce per la virtù della divinità, la quale si estende non solo alla risurrezione dei corpi, ma anche a quella delle anime: poiché si deve a Dio sia che l’anima viva mediante la gloria, sia che il corpo viva mediante l’anima. La risurrezione di Cristo dunque possiede la capacità strumentale di produrre non solo la risurrezione dei corpi, ma anche la risurrezione delle anime. – E così pure ha natura di causa esemplare rispetto alla risurrezione delle anime. Poiché noi dobbiamo conformarci a Cristo risorto anche secondo l’anima: per cui come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova, come dice S. Paolo in Rm 6 [4]; e come Cristo risorto dai morti non muore più, così anche noi dobbiamo considerarci morti al peccato, per vivere nuovamente con lui [Rm 6,8.11].
Testo latino di San Tommaso
(S. Th. III, q. 56, a. 2, corpus)
Respondeo dicendum quod, sicut dictum est [a. 1, ad 3], resurrectio Christi agit in virtute divinitatis. Quae quidem se extendit non solum ad resurrectionem corporum, sed etiam ad resurrectionem animarum, a Deo enim est et quod anima vivit per gratiam, et quod corpus vivit per animam. Et ideo resurrectio Christi habet instrumentaliter virtutem effectivam non solum respectu resurrectionis corporum, sed etiam respectu resurrectionis animarum. – Similiter autem habet rationem exemplaritatis respectu resurrectionis animarum. Quia Christo resurgenti debemus etiam secundum animam conformari, ut sicut, secundum apostolum, Rom. 6 [4], Christus resurrexit a mortuis per gloriam Patris, ita et nos in novitate vitae ambulemus; et sicut ipse resurgens ex mortuis iam non moritur, ita et nos existimemus nos mortuos esse peccato [6.8.11], ut iterum nos vivamus cum illo.
Vangelo (Lc 6,20-26)
In quel tempo, alzàti gli occhi verso i suoi discepoli, Gesù diceva: «Beati voi poveri, perché vostro è il regno di Dio. Beati voi che ora avete fame, perché sarete saziati. Beati voi che ora piangete, perché riderete. Beati voi quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e v’insulteranno e respingeranno il vostro nome come scellerato, a causa del Figlio dell’uomo. Rallegratevi in quel giorno ed esultate, perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nei cieli. Allo stesso modo infatti facevano i loro padri con i profeti. Ma guai a voi, ricchi, perché avete già la vostra consolazione. Guai a voi che ora siete sazi, perché avrete fame. Guai a voi che ora ridete, perché sarete afflitti e piangerete. Guai quando tutti gli uomini diranno bene di voi. Allo stesso modo infatti facevano i loro padri con i falsi profeti».
Le beatitudini
nel Vangelo di San Luca
San Tommaso
(S. Th. I-II, q. 69, a. 3, soluzione 6)
6. [S. c.] Secondo Lc il discorso del Signore fu tenuto alle folle. Per cui le beatitudini vengono enumerate secondo la capacità delle folle, che conoscevano soltanto la beatitudine del piacere, terrena e temporale. Così il Signore con quattro beatitudini esclude quanto sembra costituire tale falsa felicità. Prima di tutto l’abbondanza dei beni esteriori; che egli esclude con quelle parole: Beati i poveri. Secondo, il benessere del corpo nel cibo, nella bevanda e in altre cose simili, che esclude dicendo: Beati voi che ora avete fame“. Terzo, il benessere dell’uomo quanto alla giocondità del cuore, che esclude con la terza beatitudine: Beati voi che ora piangete. Quarto, il favore esterno degli uomini, che esclude con le parole: Beati voi quando gli uomini vi odieranno. Oppure, come dice S. Ambrogio, «la povertà appartiene alla temperanza, che non cerca cose allettanti; la fame alla giustizia, poiché chi ha fame ha compassione, e chi compatisce soccorre; il pianto alla prudenza, che ha il compito di compiangere le cose transitorie; il sopportare l’odio degli uomini alla fortezza».
Testo latino di San Tommaso
(S. Th. I-II, q. 69, a. 3, ad sextum)
Ad sextum dicendum quod Lucas narrat sermonem Domini factum esse ad turbas. Unde beatitudines numerantur ab eo secundum capacitatem turbarum, quae solam voluptuosam et temporalem et terrenam beatitudinem noverunt. Unde Dominus per quatuor beatitudines quatuor excludit quae ad praedictam beatitudinem pertinere videntur. Quorum primum est abundantia bonorum exteriorum, quod excludit per hoc quod dicit, beati pauperes. Secundum est quod sit bene homini quantum ad corpus, in cibis et potibus et aliis huiusmodi, et hoc excludit per secundum quod ponit, beati qui esuritis. Tertium est quod sit homini bene quantum ad cordis iucunditatem, et hoc excludit tertio, dicens, beati qui nunc fletis. Quartum est exterior hominum favor, et hoc excludit quarto, dicens, beati eritis cum vos oderint homines. Et sicut Ambrosius dicit, paupertas pertinet ad temperantiam, quae illecebrosa non quaerit; esuries ad iustitiam, quia qui esurit, compatitur, et, compatiendo, largitur; fletus ad prudentiam, cuius est flere occidua; pati odium hominum, ad fortitudinem.