7 settembre – giovedì
Tempo Ordinario – 22a Settimana
Prima lettura (Col 1,9-14)
Fratelli, dal giorno in cui ne fummo informati, non cessiamo di pregare per voi e di chiedere che abbiate piena conoscenza della sua volontà, con ogni sapienza e intelligenza spirituale, perché possiate comportarvi in maniera degna del Signore, per piacergli in tutto, portando frutto in ogni opera buona e crescendo nella conoscenza di Dio. Resi forti di ogni fortezza secondo la potenza della sua gloria, per essere perseveranti e magnanimi in tutto, ringraziate con gioia il Padre che vi ha resi capaci di partecipare alla sorte dei santi nella luce. È lui che ci ha liberati dal potere delle tenebre e ci ha trasferiti nel regno del Figlio del suo amore, per mezzo del quale abbiamo la redenzione, il perdono dei peccati.
Il regno del Figlio diletto
San Tommaso
(Sulla lettera ai Colossesi,
c. 1, lez. 3, vv. 13-14, nn. 26-28)
26. E da questa parte segue l’effetto della grazia, cioè il trasferimento dalle tenebre alla luce. Quindi, primo, presenta il trasferimento. Secondo, presenta il modo secondo cui prima della grazia gli uomini sono schiavi del peccato [28].
Infatti, poiché il peccato è tenebra, perciò essi si trovano nel potere delle tenebre, sia dei demoni sia dei peccati. Ef 6,12: «La nostra battaglia è contro i dominatori di questo mondo di tenebra …». Is 49,25: «Il prigioniero sarà strappato dal forte …». «E ci ha trasferiti …», perché diventassimo il regno di Dio. Gv 18,36: «Il mio regno non è di questo mondo …». E ciò accade quando siamo liberati dal peccato. Ap 5,10: «E li hai costituiti per il nostro Dio un regno di sacerdoti …». Oppure alla lettera, perché conseguissero la vita eterna. Mt 3,2: «Perché il regno dei cieli è vicino». E questo è quanto egli dice: «nel regno del Figlio del suo amore»
(…)
28. Poi, quando dice: «per mezzo del quale abbiamo …», chiarisce il modo del trasferimento. Infatti l’uomo che si trova in peccato era tenuto schiavo in due modi, cioè mediante la schiavitù, Gv 8,34: «Chi compie il peccato è schiavo del peccato». Inoltre è reo della pena e lontano da Dio. Is 59,2: «Le vostre iniquità hanno scavato un abisso fra voi e il vostro Dio: i vostri peccati gli hanno fatto nascondere il suo volto, così che non vi ascolta».
Cristo elimina entrambe queste cose perché, in quanto uomo, è diventato per noi un sacrificio e ci ha redenti nel suo sangue. Quindi dice: «per mezzo del quale abbiamo la redenzione». 1 Cor 6,20: «Siete stati acquistati a caro prezzo». Ma in quanto è Dio, per mezzo di lui otteniamo la remissione dei peccati, poiché il reato del peccato è stato sciolto per mezzo di lui.
Testo latino di San Tommaso
(Super epistolam ad Colossenses,
c. 1, lect. 3, vv. 13-14, nn. 26-28)
Et ex hac parte sequitur effectus gratiae, scilicet translatio de tenebris ad lucem. Et ideo primo ponit translationem, secundo modum in quo homines ante gratiam sunt servi peccati. Nam cum peccatum sit tenebrae, ideo sunt in potestate tenebrarum, sive daemonum, sive peccatorum. Eph. ult.: adversus rectores mundi tenebrarum harum, et cetera. Is. c. 49,25: captivitas a forti tollitur, et cetera. Et transtulit, etc., id est, ut essemus regnum Dei. Io. 19: regnum meum non est de hoc mundo, et cetera. Et hoc fit quando liberamur a peccato. Apoc. 5,10: fecisti nos Deo nostro regnum, et cetera. Vel ad litteram, ut consequeremur vitam aeternam. Matth. 3,2: appropinquabit regnum caelorum.
(…)
Deinde cum dicit in quo habemus, etc., ostendit modum translationis. Homo enim existens in peccato dupliciter tenebatur subditus, scilicet per servitutem. Io. c. 8,34: qui facit peccatum, servus est peccati. Item erat reus poenae, et aversus a Deo. Is. 59,2: iniquitates vestrae diviserunt inter vos et Deum vestrum, et peccata vestra absconderunt faciem eius a vobis, ne exaudiret. Haec duo removet Christus, quia, inquantum homo, factus est pro nobis sacrificium et redemit nos in sanguine suo. Et ideo dicit in quo habemus redemptionem. 1 Cor. 6, v. 20: empti estis pretio magno. Sed inquantum est Deus, habemus per eum peccatorum remissionem, quia reatus peccati solutus est per eum.
Vangelo (Lc 5,1-11)
In quel tempo, mentre la folla gli faceva ressa attorno per ascoltare la parola di Dio, Gesù, stando presso il lago di Gennèsaret, vide due barche accostate alla sponda. I pescatori erano scesi e lavavano le reti. Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedette e insegnava alle folle dalla barca. Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: «Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca». Simone rispose: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti». Fecero così e presero una quantità enorme di pesci e le loro reti quasi si rompevano. Allora fecero cenno ai compagni dell’altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche fino a farle quasi affondare. Al vedere questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: «Signore, allontànati da me, perché sono un peccatore». Lo stupore infatti aveva invaso lui e tutti quelli che erano con lui, per la pesca che avevano fatto; così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedèo, che erano soci di Simone. Gesù disse a Simone: «Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini». E, tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono.
Allontanati da me,
perché sono un peccatore
San Tommaso
(Catena aurea sul Vangelo di San Luca,
c. 5, lez. 3, vv. 8-10a)
AMBROGIO: Pietro si stupiva per i doni divini, e quanto più grande era il suo timore, tanto inferiore era la sua presunzione, per cui si dice: al vedere questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù dicendo: Signore, allontanati da me, perché sono un peccatore. CIRILLO: Riportando alla propria coscienza i delitti commessi, egli trema e palpita, e sentendosi impuro, non ritiene per lui possibile ricevere colui che è puro: infatti aveva imparato dalla Legge a distinguere tra ciò che è contaminato e ciò che è santo. GREGORIO NISSENO: Quando infatti comandò di calare le reti, la quantità dei pesci presi fu così grande quale volle il Signore del mare e della terra. Poiché la voce del Verbo è sempre la voce della potenza, all’ordine della quale, all’origine del mondo, la luce e le altre creature vennero prodotte. Di fronte a queste cose Pietro si stupiva; perciò prosegue: Lo stupore infatti aveva invaso lui e tutti quelli che erano con lui per la pesca che avevano fatto; così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedeo, che erano soci di Simone. AGOSTINO: Non fa il nome di Andrea, che tuttavia si capisce che era nella barca, secondo la narrazione di Matteo e Marco.
Testo latino di San Tommaso
(Catena aurea Super Lucam,
c. 5, lect. 3, vv. 8-10a)
Ambrosius. Admirabatur Petrus dona divina; et quo plus metuerat, praesumebat minus; unde dicitur quod cum videret Simon Petrus, procidit ad genua Iesu, dicens: exi a me, Domine, quia homo peccator sum. Cyrillus. Reducens enim ad conscientiam patrata delicta, tremit et trepidat, et velut immundus mundum non credit se posse suscipere: acceperat enim a lege, distinguendum esse inter maculatum et sanctum. Gregorius Nyssenus. Cum enim mandasset demergere retia, tanta copia piscium capta est, quantum ipse maris Dominus et terrae voluerat. Vox enim Verbi semper est vox virtutis, cuius praecepto in origine mundi lux et ceterae creaturae prodibant. In his admiratur Petrus; unde sequitur stupor enim circumdederat eum, et omnes qui cum illo erant, in captura piscium quam ceperant; similiter autem Iacobum et Ioannem filios Zebedaei, qui erant socii Simonis. Augustinus De cons. Evang. Andream non nominat, qui tamen intelligitur in ea navi fuisse, secundum Matthaei et Marci narrationem.