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5 settembre – martedì Tempo Ordinario – 22a Settimana

5 settembre – martedì Tempo Ordinario – 22a Settimana
05/04/2023 elena

5 settembre – martedì
Tempo Ordinario – 22a Settimana

Prima lettura (1 Ts 5,1-6.9-11)

   Riguardo ai tempi e ai momenti, fratelli, non avete bisogno che ve ne scriva; infatti sapete bene che il giorno del Signore verrà come un ladro di notte. E quando la gente dirà: «C’è pace e sicurezza!», allora d’improvviso la rovina li colpirà, come le doglie una donna incinta; e non potranno sfuggire. Ma voi, fratelli, non siete nelle tenebre, cosicché quel giorno possa sorprendervi come un ladro. Infatti siete tutti figli della luce e figli del giorno; noi non apparteniamo alla notte, né alle tenebre. Non dormiamo dunque come gli altri, ma vigiliamo e siamo sobri. Dio infatti non ci ha destinati alla sua ira, ma ad ottenere la salvezza per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo. Egli è morto per noi perché, sia che vegliamo sia che dormiamo, viviamo insieme con lui. Perciò confortatevi a vicenda e siate di aiuto gli uni agli altri, come già fate.

Come un ladro di notte

San Tommaso
(Sulla prima lettera ai Tessalonicesi,
c. 5, lez. 1, v. 6, n. 117)

   117. Dice dunque: da ciò risulta che il giorno del Signore è come un ladro; Lc 12,39: «Se il padrone di casa sapesse a che ora viene il ladro, veglierebbe»; quindi voi, che lo sapete, vegliate. Per cui dice: «Non dormiamo dunque», del sonno del peccato. Ef 5,14: «Svégliati, tu che dormi, e risorgi dai morti». Parimenti, nemmeno del sonno della pigrizia. Pr 6,9: «Fino a quando, o pigro, te ne starai a dormire?». Così «vigiliamo», con la sollecitudine. Mt 24,42: «Vegliate dunque…».
   Per questo è necessario che «siamo sobri». Così che il corpo e la mente siano sobri, cioè non occupati dai piaceri, e dalle preoccupazioni mondane. Lc 21,34: «State bene attenti che i vostri cuori non si appesantiscano in crapule e ubriachezze». 1 Pt 5,8: «Siate sobri, vegliate».

Testo latino di San Tommaso
(Super primam epistolam ad Tessalonicenses,

c. 5, lect. 1, v. 6, n. 117)

   Dicit igitur: ex quo dies Domini est sicut fur, Lc. 12,39: si sciret paterfamilias qua hora fur veniret, vigilaret utique, ergo vos, quia scitis, vigiletis. Unde dicit igitur non dormiamus, somno peccati. Eph. 5,14: surge, qui dormis, et exurge a mortuis. Item nec pigritiae. Prov. 6,9: usquequo, piger, dormis? et cetera. Sed vigilemus, per sollicitudinem. Matth. 24,42: vigilate itaque, et cetera. Et ad hoc est necessarium, quod sobrii simus, ut et corpus et mens sint sobria, id est, non occupata voluptatibus, et curis mundi. Lc. 21,34: attendite vobis, ne forte graventur corda vestra crapula et ebrietate. 1 Petr. c. 5,8: sobrii estote, et vigilate.

Vangelo (Lc 4,31-37)

   In quel tempo, Gesù scese a Cafàrnao, città della Galilea, e in giorno di sabato insegnava alla gente. Erano stupiti del suo insegnamento perché la sua parola aveva autorità. Nella sinagoga c’era un uomo che era posseduto da un demonio impuro; cominciò a gridare forte: «Basta! Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!». Gesù gli ordinò severamente: «Taci! Esci da lui!». E il demonio lo gettò a terra in mezzo alla gente e uscì da lui, senza fargli alcun male. Tutti furono presi da timore e si dicevano l’un l’altro: «Che parola è mai questa, che comanda con autorità e potenza agli spiriti impuri ed essi se ne vanno?». E la sua fama si diffondeva in ogni luogo della regione circostante.

Io so chi tu sei

San Tommaso
(S. Th. III, q. 29, a. 1, soluzione 3)

   3. Come rileva S. Agostino, il demonio può fare molte cose con le sue capacità naturali, ma questo potere è limitato dalla potenza divina. E così possiamo dire che il demonio poteva conoscere naturalmente che la Madre di Dio non era stata violata nella sua verginità, ma Dio gli impedì di conoscere il modo della nascita di Cristo. – Che poi in seguito il demonio sia venuto a conoscere in qualche modo che Cristo era il Figlio di Dio non fa difficoltà, poiché era ormai giunto il tempo in cui Cristo doveva mostrare il suo potere contro il demonio e affrontare le persecuzioni da lui sollevate. Nell’infanzia invece bisognava impedire alla malizia del demonio di perseguitarlo con troppa durezza, non avendo per allora disposto Cristo né di soffrire né di mostrare il suo potere, volendo piuttosto essere uguale in tutto agli altri bambini. Per cui il papa S. Leone dice che «i Magi trovarono il bambino Gesù piccolo, bisognoso dell’assistenza altrui, incapace di parlare, che non si scostava in nulla dalla comune situazione dell’infanzia». – S. Ambrogio invece riferisce l’ignoranza suddetta piuttosto agli uomini membra del demonio. Dopo avere infatti riferita la ragione suddetta, relativa all’inganno del principe di questo mondo, soggiunge: «I più ingannati però sono stati i grandi di questo secolo. Poiché la malizia dei demoni scopre con facilità anche le cose occulte, mentre coloro che si fanno sopraffare dalle vanità del secolo non possono conoscere le realtà divine».

Testo latino di San Tommaso
(S. Th. III, q. 29, a. 1, ad tertium)

   Ad tertium dicendum quod, sicut Augustinus dicit, in 3 De Trin., diabolus multa potest virtute suae naturae, a quibus tamen prohibetur virtute divina. Et hoc modo potest dici quod virtute suae naturae diabolus cognoscere poterat matrem Dei non fuisse corruptam, sed virginem, prohibebatur tamen a Deo cognoscere modum partus divini. – Quod autem postmodum eum aliqualiter cognovit diabolus esse Filium Dei, non obstat, quia iam tempus erat ut Christus suam virtutem contra diabolum ostenderet, et persecutionem ab eo concitatam pateretur. Sed in infantia oportebat impediri malitiam diaboli, ne eum acrius persequeretur, quando Christus nec pati disposuerat, nec virtutem suam ostendere, sed in omnibus aliis infantibus se similem exhibebat. Unde Leo Papa, in sermone de Epiphania, dicit quod magi invenerunt puerum Iesum quantitate parvum, alienae opis indigentem, fandi impotentem, et in nullo ab humanae infantiae generalitate discretum. – Ambrosius tamen, super Luc., videtur magis referre ad membra diaboli. Praemissa enim hac ratione, scilicet de fallendo principem mundi, subdit, sed tamen magis fefellit principes saeculi. daemonum enim malitia facile etiam occulta deprehendit, at vero qui saecularibus vanitatibus occupantur, scire divina non possunt.

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