15 settembre – giovedì
Memoria della
Beata Vergine Maria Addolorata
Tempo Ordinario – 24a Settimana
Prima lettura
(Eb 5,7-9)
Cristo, nei giorni della sua vita terrena, offrì preghiere e suppliche, con forti grida e lacrime, a Dio che poteva salvarlo da morte, e per il suo pieno abbandono a lui, venne esaudito. Pur essendo Figlio, imparò l’obbedienza da ciò che patì, e reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono.
Offrì preghiere e suppliche
San Tommaso
(Commento alla lettera agli Ebrei, c. 5, lez. 1)
La sua azione fu l’offerta di «preghiere e suppliche». Questo fu il sacrificio spirituale che Cristo offrì. Ora, si parla di preghiere, ossia di richieste. Gc 5, 6: «Molto vale la preghiera assidua del giusto». Si parla invece di suppliche rispetto all’umiltà di chi prega, come nelle genuflessioni. Mt 26,39: «Si prostrò con la faccia a terra pregando».
Verso chi? «Verso Dio», ossia Dio Padre, «che poteva liberarlo da morte». E poteva fare ciò in due modi. Secondo un modo, così che non morisse. Perciò si dice in Mt 26, 39: «Padre, se è possibile …». Parimenti risuscitandolo dopo la morte. Sal 15, 10: «Non abbandonerai l’anima mia nel sepolcro». E così nel Sal 40, 10 si dice: «Ma tu, Signore, abbi pietà di me e risuscitami». Il sacerdozio di Cristo è ordinato a questo sacrificio spirituale. E ciò corrisponde a quanto è stato detto sopra: «per offrire doni …». Sal 49, 23: «Il sacrificio di lode mi onorerà». Os 14, 3: «Ti offriremo il frutto delle nostre labbra».
Testo latino di San Tommaso
(Super Epistolam ad Hebraeos, c. 5, l. 1)
Actus autem eius fuit, quia obtulit preces et supplicationes. Hoc est spirituale sacrificium, quod Christus obtulit. Dicuntur autem preces, id est, petitiones. Iac. ult.: multum enim valet deprecatio iusti assidua. Supplicationes vero dicuntur quantum ad humilitatem orantis, sicut genuflexiones. Matth. 26, 39: procidit in faciem suam orans. Ad quem? Ad Deum, scilicet Deum Patrem, qui salvum illum facere posset a morte. Hoc autem poterat facere dupliciter. Uno modo ne moreretur. Unde dicitur Matth. 26, 39: Pater, si fieri potest, et cetera. Item ut mortuum resuscitaret. Ps. 15, 10: Non derelinques in Inferno animam meam. Item 40, 10: tu autem, Domine, miserere mei, et resuscita me. Ad istud sacrificium spirituale ordinatur sacerdotium Christi. Unde respondet ei quod dictum est supra ut offerat dona, et cetera. Ps. 49, 23: Sacrificium laudis honorificabit me. Os. 14, 3: Reddemus vitulos labiorum nostrorum.
Vangelo (Gv 19,25-27)
In quel tempo, stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria madre di Clèopa e Maria di Màgdala. Gesù allora, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che amava, disse alla madre: «Donna, ecco tuo figlio!». Poi disse al discepolo: «Ecco tua madre!». E da quell’ora il discepolo la prese con sé.
La Madre e il Figlio
San Tommaso
(Commento al Vangelo di San Giovanni, l. 4)
Gesù allora, avendo visto la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava disse a sua madre: «Donna, ecco tuo figlio». Come per dire: Finora io ho avuto cura di te, mi sono ricordato di te; [ora] lascio a te questo discepolo. E in ciò emerge la dignità di Giovanni.
Si noti però che quando sopra (2,3) la madre gli disse. «Non hanno vino, ecc.», egli aveva risposto: «Non è ancora giunta la mia ora», ossia l’ora della passione, cioè l’ora in cui devo soffrire nella natura che ho ricevuto da te; ma quando verrà quell’ora, ti riconoscerò. Perciò in questo momento la riconosce per madre. Invece il compimento dei miracoli non spetta a me per la natura che ho ricevuto da te, ma per l’eterna generazione che ho dal Padre, cioè in quanto sono Dio.
Testo latino di San Tommaso
(Super Ioannem, l. 4)
… cum vidisset ergo Iesus matrem, et discipulum stantem quem diligebat, dicit matri suae: mulier, ecce filius tuus, quasi dicat: usque modo curam tui habui, et fui memor tui, tibi istum derelinquo. In quo dignitas Ioannis ostenditur. Sed attende, quod supra 2, 3, quando mater dixit, vinum non habent etc., dicit: nondum venit hora mea, scilicet passionis, qua patiar, secundum illud quod a te suscepi: cum autem venerit hora illa, tunc recognoscam. Unde et modo eam recognoscit matrem. Facere autem miracula non convenit mihi secundum quod a te suscepi; sed secundum quod habeo a Patre paternam generationem, scilicet secundum quod sum Deus.
Oppure
Vangelo (Lc 2,33-35)
In quel tempo, il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e parlò a Maria, sua madre: «Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione perché siano svelati i pensieri di molti cuori. E anche a te una spada trafiggerà l’anima».
A te una spada trafiggerà l’anima
San Tommaso
(Catena aurea sul Vangelo di San Luca, 2, 35)
GREGORIO NISSENO: Queste cose sono dette del Figlio, ma riguardano sua madre, mentre essa prende per sé sia le cose pericolose che quelle gloriose, poiché le vengono annunziate non solo cose fauste ma anche dolorose; infatti prosegue: anche a te una spada trafiggerà l’anima. ORIGENE: Nessun racconto riferisce che la beata Maria sia uscita da questa vita uccisa da una spada; anche perché con il ferro non si suole uccidere l’anima, ma il corpo; così non ci rimane altro che intendere quella spada di cui si dice (Sal 58,8): «E una spada è sulle loro labbra», che cioè il dolore della passione del Signore avrebbe trapassato la sua anima; infatti, benché ella sapesse che il Cristo in quanto Figlio di Dio sarebbe morto volontariamente e non dubitasse che egli avrebbe sconfitto la morte, tuttavia non poté vedere senza un senso di profondo dolore che colui che era stato procreato dalla sua stessa carne venisse crocifisso.
Testo latino di San Tommaso
(Catena aurea Super Lucam, 2, 35)
Gregorius Nyssenus. Haec siquidem de Filio dicuntur; spectant tamen ad eius genitricem, dum singula sibi assumit simul periclitata et glorificata: nec tantum prospera, sed illi denuntiat etiam dolorosa; nam sequitur «et tuam ipsius animam pertransibit gladius». Origenes. Nulla docet historia beatam Mariam ex hac vita gladii occisione migrasse; praesertim cum non anima, sed corpus ferro soleat interfici: unde restat intelligi gladium illum de quo dicitur (Ps. 58, 8): «Et gladius in labiis eorum», hoc est, dolorem dominicae passionis animam eius pertransisse: quae etsi Christum utpote Dei Filium sponte propria mori mortemque ipsam non dubitaret esse devicturum, ex sua tamen carne procreatum non sine doloris affectu potuit videre crucifigi.