5 settembre – lunedì
Tempo Ordinario – 23a Settimana
Prima lettura
(1 Cor 5,1-8)
Fratelli, si sente dovunque parlare di immoralità tra voi, e di una immoralità tale che non si riscontra neanche tra i pagani, al punto che uno convive con la moglie di suo padre. E voi vi gonfiate di orgoglio, piuttosto che esserne afflitti in modo che venga escluso di mezzo a voi colui che ha compiuto un’azione simile! Ebbene, io, assente con il corpo ma presente con lo spirito, ho già giudicato, come se fossi presente, colui che ha compiuto tale azione. Nel nome del Signore nostro Gesù, essendo radunati voi e il mio spirito insieme alla potenza del Signore nostro Gesù, questo individuo venga consegnato a Satana a rovina della carne, affinché lo spirito possa essere salvato nel giorno del Signore. Non è bello che voi vi vantiate. Non sapete che un po’ di lievito fa fermentare tutta la pasta? Togliete via il lievito vecchio, per essere pasta nuova, poiché siete àzzimi. E infatti Cristo, nostra Pasqua, è stato immolato! Celebriamo dunque la festa non con il lievito vecchio, né con lievito di malizia e di perversità, ma con àzzimi di sincerità e di verità.
Il pane azzimo
San Tommaso
(S. Th. III, q. 74, a. 4, corpo)
Riguardo alla materia di questo sacramento si possono considerare due cose: ciò che è necessario e ciò che è conveniente. Necessario è che il pane sia di frumento, come si è detto: e senza di esso il sacramento non è valido. Non è invece necessario per la validità del sacramento che il pane sia azzimo o fermentato: è infatti consacrabile sia l’uno che l’altro pane. – È conveniente però che ciascuno osservi il rito della propria Chiesa nella celebrazione del sacramento. Ora, in proposito le consuetudini delle Chiese sono diverse. Scrive infatti S. Gregorio: «La Chiesa Romana offre pani azzimi perché il Signore prese una carne senza alcuna mistura. Altre Chiese invece offrono pane lievitato perché il Verbo del Padre si rivestì di carne, come anche il lievito viene a mescolarsi con la farina». Come dunque pecca il sacerdote della Chiesa latina celebrando con pane fermentato, così peccherebbe il sacerdote greco celebrando nella Chiesa greca con pane azzimo, poiché tenterebbe in tal modo di cambiare il rito della propria Chiesa. – Ciò nonostante, la consuetudine di celebrare con pane azzimo è più ragionevole. Primo, per l’istituzione di Cristo, il quale istituì questo sacramento nel primo giorno degli azzimi, come risulta da Mt 26 [17], Mc 14 [12] e Lc 22 [7], nel qual giorno, a norma di Es 12 [15,19], non doveva rimanere nelle case dei Giudei alcunché di fermentato. Secondo, poiché il pane, come vedremo, è propriamente il sacramento del corpo di Cristo, che fu concepito senza corruzione, più che il sacramento della sua divinità. Terzo, poiché ciò conviene meglio alla sincerità dei fedeli, che è richiesta per la ricezione di questo sacramento, come è detto in 1 Cor 5 [7]: Cristo nostra Pasqua è stato immolato: celebriamo dunque la festa con azzimi di sincerità e di verità. – La consuetudine dei Greci ha tuttavia qualche giusta motivazione: cioè il simbolismo a cui accenna S. Gregorio e la ripulsa dell’eresia dei Nazareni, i quali mescolavano al Vangelo le prescrizioni legali.
Testo latino di San Tommaso
(S. Th. III, q. 74, a. 4, corpus)
Respondeo dicendum quod circa materiam huius sacramenti duo possunt considerari, scilicet quid sit necessarium, et quid conveniens. Necessarium quidem est ut sit panis triticeus, sicut dictum est [a. 3], sine quo non perficitur sacramentum. Non est autem de necessitate sacramenti quod sit azymus vel fermentatus, quia in utroque confici potest. – Conveniens autem est ut unusquisque servet ritum suae Ecclesiae in celebratione sacramenti. Super hoc autem sunt diversae Ecclesiarum consuetudines. Dicit enim beatus Gregorius, in registro, Romana Ecclesia offert azymos panes, propterea quod Dominus sine ulla commixtione suscepit carnem. Sed ceterae Ecclesiae offerunt fermentatum, pro eo quod Verbum Patris indutum est carne, sicut et fermentum miscetur farinae. Unde, sicut peccat sacerdos in Ecclesia Latinorum celebrans de pane fermentato, ita peccaret presbyter Graecus in Ecclesia Graecorum celebrans de azymo pane, quasi pervertens Ecclesiae suae ritum. – Et tamen consuetudo de pane azymo celebrandi rationabilior est. Primo quidem, propter institutionem Christi, qui hoc sacramentum instituit prima die azymorum, ut habetur Matth. 26 [17], et Marc. 14 [12], et Luc. 22 [7], qua die nihil fermentatum in domibus Iudaeorum esse debebat, ut habetur Ex. 12 [15.19]. Secundo, quia panis est proprie sacramentum corporis Christi, quod sine corruptione conceptum est, magis quam divinitatis ipsius, ut infra [q. 76 a. 1 ad 1] patebit. Tertio, quia hoc magis competit sinceritati fidelium, quae requiritur ad usum huius sacramenti, secundum illud 1 Cor. 5 [7,8], Pascha nostrum immolatus est Christus, itaque epulemur in azymis sinceritatis et veritatis. – Habet tamen haec consuetudo Graecorum aliquam rationem, et propter significationem, quam tangit Gregorius; et in detestationem haeresis Nazaraeorum, qui legalia Evangelio miscebant.
Vangelo (Lc 6,6-11)
Un sabato Gesù entrò nella sinagoga e si mise a insegnare. C’era là un uomo che aveva la mano destra paralizzata. Gli scribi e i farisei lo osservavano per vedere se lo guariva in giorno di sabato, per trovare di che accusarlo. Ma Gesù conosceva i loro pensieri e disse all’uomo che aveva la mano paralizzata: «Àlzati e mettiti qui in mezzo!». Si alzò e si mise in mezzo. Poi Gesù disse loro: «Domando a voi: in giorno di sabato, è lecito fare del bene o fare del male, salvare una vita o sopprimerla?». E guardandoli tutti intorno, disse all’uomo: «Tendi la tua mano!». Egli lo fece e la sua mano fu guarita. Ma essi, fuori di sé dalla collera, si misero a discutere tra loro su quello che avrebbero potuto fare a Gesù.
Fare del bene in giorno di sabato
San Tommaso
(S. Th. I-II, q. 107, a. 2, soluzione 3)
3. Il contatto con i lebbrosi era proibito dalla legge perché l’uomo contraeva con esso una specie di irregolarità, come nel contatto con un morto, secondo le spiegazioni date. Ma il Signore, che era il guaritore dei lebbrosi, non poteva contrarre la lebbra. – Inoltre non si può dire che egli abbia realmente violato il sabato con le opere da lui compiute in esso, come dimostra il Maestro medesimo nel Vangelo: sia perché compiva i miracoli con la potenza divina, che opera continuamente nel mondo, sia perché compiva opere necessarie alla salvezza degli uomini, mentre i Farisei in giorno di sabato provvedevano a salvare anche gli animali, sia perché a motivo della necessità ebbe a scusare anche gli apostoli quando raccoglievano le spighe in giorno di sabato. Sembrava invece che egli violasse il sabato secondo la superstiziosa interpretazione dei Farisei, i quali credevano che in giorno di sabato bisognasse astenersi anche dalle opere richieste per la salute: il che era contrario alle intenzioni della legge.
Testo latino di San Tommaso
(S. Th. I-II, q. 107, a. 2, ad tertium)
Ad tertium dicendum quod tactus leprosi erat prohibitus in lege, quia ex hoc incurrebat homo quandam irregularitatis immunditiam, sicut et ex tactu mortui, ut supra [q. 102 a. 6 ad 1; a. 5 ad 4] dictum est. Sed Dominus, qui erat mundator leprosi, immunditiam incurrere non poterat. Per ea autem quae fecit in sabbato, sabbatum non solvit secundum rei veritatem, sicut ipse magister in Evangelio ostendit, tum quia operabatur miracula virtute divina, quae semper operatur in rebus; tum quia salutis humanae opera faciebat, cum Pharisaei etiam saluti animalium in die sabbati providerent; tum quia etiam ratione necessitatis discipulos excusavit in sabbato spicas colligentes. Sed videbatur solvere secundum superstitiosum intellectum Pharisaeorum, qui credebant etiam a salubribus operibus esse in die sabbati abstinendum, quod erat contra intentionem legis.